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Anno III - N. 1 - Gennaio/Febbraio 2003


SOSPESO IL DECRETO SCARPA SU FLESSIBILITÀ E SICUREZZA
Un provvedimento importante da recuperare
Francesco Gesmundo

Il Decreto Ministeriale di due soli articoli, emanato il 13 febbraio 2003 e poi subito ritirato per arginare una "anomala" ondata di protesta, avrebbe segnato una svolta decisiva verso la modernizzazione del settore.
Infatti, le unità autorizzate all'esercizio della pesca entro 40 miglia dalle coste, che svolgono campagne di durata non inferiore alle 48 ore, avrebbero potuto effettuare sino a 20 giornate di pesca al mese, indipendentemente dalle interruzioni tecniche e dalle festività.
Il Sottosegretario on. Paolo Scarpa Bonazza Buora ha, in realtà, mostrato coraggio e lungimiranza politica, oltre che una inusitata capacità di interpretare le vere aspirazioni della parte più moderna e sensibile della categoria.
Gli armatori, infatti, avrebbero ricevuto una grande responsabilità ed anche una decisiva opportunità per dimostrare capacità imprenditoriali, volontà di essere reali protagonisti nella gestione autonoma e flessibile delle attività di pesca.
Essi avrebbero potuto coniugare sicurezza del lavoro e reddito d'impresa, capacità di programmazione dell'attività e contenimento dello sforzo di pesca, aprendo una nuova stagione di sviluppo del settore.

Non possiamo trascurare, comunque, il fatto che con tale decisione il Sottosegretario Scarpa ha voluto manifestare anche un profondo rispetto per le tante vittime che hanno sacrificato la loro esistenza a causa di norme rigide ed antiquate che non consentono di recuperare le giornate di pesca perdute per il maltempo.
I nostri pescatori sono "costretti" spesse volte a rischiare, esercitando l'attività in condizioni difficili e pericolose per garantirsi un reddito accettabile. Ed è soprattutto per questo che riteniamo "anomala" ed incomprensibile l'onda di protesta che ha "affondato" il decreto del 13 febbraio scorso. I pescatori avrebbero potuto finalmente pianificare la loro attività esercitandola in condizioni più sicure e, da imprenditori moderni e capaci, sarebbero riusciti a dare un nuovo volto ed un reddito più elevato alle loro imprese.
Sarebbero state possibili strategie commerciali diverse e più redditizie, valorizzazione del pescato, spirito d'impresa moderno, coerenti con la tutela delle risorse e con la sicurezza della vita e del lavoro.
E ci sembra ancor più "anomala" quell'onda di protesta se consideriamo che il decreto sospeso si ispirava, in grandi linee, all'art. 11 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale imbarcato sulle navi adibite alla pesca marittima, che prevede un'adeguata flessibilità nella fruizione del riposo settimanale. L'auspicio è che negli incontri sollecitati dalla protesta e accettati dal Sottosegretario, l'art. 11 suddetto, sia per tutti il riferimento base per definire la questione.
La tragedia sfiorata ed il naufragio del "Cunegonda" assumeranno, speriamo, il significato ed il valore dell'ultimo esempio delle conseguenze di un modo superato di interpretare e regolamentare l'attività della pesca.

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Art. 11 Riposo settimanale (Pesca Costiera e Mediterranea)
Il riposo non potrà essere inferiore alle 48 ore settimanali, coinciderà prevalentemente con le giornate di sabato e domenica e dovrà essere legato al fermo dell'attività di pesca e dell'imbarcazione. Il periodo di riposo conseguente ad inattività per causa di forza maggiore è assorbito soltanto dal turno di riposo successivo.
Per particolari esigenze e tipi di pesca, verranno concordati tra le parti, a livello territoriale, i possibili recuperi e una diversa fruizione del riposo settimanale anche al fine di recuperare l'efficienza complessiva dell'operatività aziendale.


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