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Anno III - N. 1 - Gennaio/Febbraio 2003


Il naufragio del M/P "Cunegonda"
Attualità
A cura dell'Ufficio Stampa e Documentazione Centro Servizi Assopesca

La notte del 4 febbraio scorso il M/P Cunegonda, del compartimento marittimo di Molfetta, si è inabissato nelle acque dell' Adriatico a 25 miglia dalla costa montenegrina. Sorpresi dalla burrasca i cinque uomini dell'equipaggio hanno dovuto abbandonare la nave che imbarcava acqua e attendere i soccorsi, aggrappati alle due zattere di salvataggio, dalle 18, ora in cui è stato lanciato l'SOS, alle 23, quando sono stati presi a bordo del traghetto Palladio;
Alle operazioni di salvataggio ha partecipato anche la petroliera Acquaviva, mentre un elicottero Hh3f dell' Aeronautica militare di Brindisi e una motovedetta della Guardia Costiera di Durazzo, partiti per recare soccorso, sono stati costretti a rientrare a causa delle cattive condizioni meteorologiche.
L'equipaggio era formato dal comandante Giuseppe Forte di 44 anni, Cosimo Scardicchio di 52 anni, Nicola Catanzaro di 41 anni, Giovanni e Giuseppe D'Ercole di 56 e 26 anni.
Un'attesa interminabile ha tenuto in ansia parenti ed amici degli uomini dell'equipaggio fino a quando non si è avuto conferma dell'avvistamento prima e poi del salvataggio.
L' Associazione Armatori da Pesca di Molfetta si è resa interprete dei sentimenti della marineria italiana e locale, diffondendo il seguente comunicato
stampa: "Incredulità e trepidazione ha
generato nella marineria italiana il naufragio del M/P "Cunegonda", uno dei più grandi pescherecci del compartimento marittimo di Molfetta, verificatosi il 4 febbraio nelle acque internazionali prospicienti il Montenegro.
Fortunatamente i cinque membri dell'equipaggio sono stati tratti in salvo, con immensa soddisfazione dei familiari e dell'intera marineria locale.
L'Associazione Armatori da Pesca di Molfetta, dopo tale ennesimo drammatico episodio, per fortuna non sfociato in tragedia, ritiene più che mai opportuna una seria riflessione sulle problematiche irrisolte del settore della pesca, governato ancora da leggi che minano seriamente la sicurezza di coloro che mettono quotidianamente a rischio la personale incolumità e consistenti capitali.
Il riferimento è soprattutto alla finora inascoltata richiesta dell'Associazione di modificare la vigente disciplina del fermo tecnico, al fine di permettere il recupero delle giornate di pesca perdute per maltempo.
Ancora una volta emerge la centralità della sicurezza del lavoro a bordo delle navi da pesca che va interpretata in modo flessibile e attiva.
La sicurezza, infatti, non può realizzarsi introducendo solo una serie di vincoli e di costi aggiuntivi che liberano la coscienza ma non risolvono i problemi.

Il concetto di sicurezza attiva consiste certo in dotazioni e strumenti ma anche nella prevenzione che una politica di gestione improntata sulla flessibilità può garantire.
È venuto finalmente il tempo di stabilire un plafond flessibile di giornate operative di pesca, affinché le imprese non siano costrette a rischiare anche in condizioni meteo marine avverse, l'uscita in mare e si superi il concetto di "fermo tecnico" con una razionale politica di protezione delle risorse alieutiche fondata su poche norme chiare.
Affidarsi al senso di responsabilità dei pescatori, renderli garanti del loro futuro, conceder loro di programmare razionalmente l'attività di pesca, diminuendo con testualmente le giornate di pesca concesse in un anno sono i rimedi semplici ma efficaci che possono coniugare sicurezza del lavoro e reddito d'impresa, condizioni ineludibili per la rinascita del settore.
L'Associazione è certa che le richieste della categoria a tal proposito, possano trovare pieno e pronto accoglimento da parte del Sottosegretario On Paolo Scarpa, fortemente impegnato e attento alle istanze della marineria italiana.


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