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Anno II - N. 3 Maggio/Giugno 2002



Valorizzazione della specificità mediterranea
Luigi Campo

A seguito della politica intrapresa dall'UE nel settore della pesca, un gruppo italiano di strutture di ricerca, pubbliche e private, in partenariato con analoghe strutture spagnole e greche, ha realizzato a Napoli, il 21 e 22 giugno 2002, una Conferenza internazionale sulla pesca mediterranea.
Alla conferenza hanno preso parte i rappresentanti di Istituzioni, Enti di ricerca, Associazioni di pesca e ambientaliste di 14 Paesi, insieme ai rappresentanti dell'Unione Europea, della FAO e dell'ICCAT.
Dal dibattito è emersa l'esigenza di veder valorizzate le specificità mediterranee nella gestione delle risorse nel bacino. La pesca nel Mediterraneo non è solo patrimonio comune della millenaria storia e cultura dei 22 Paesi rivieraschi, ma anche fonte primaria di reddito e di lavoro.
La multispecificità delle risorse del bacino ha determinato l'affermarsi di strutture imprenditoriali prevalentemente artigianali con piccole imprese a carattere familiare o cooperativo e lo sviluppo di imbarcazioni di piccole dimensioni. Per adeguare la pesca alla morfologia dei fondali marini e alle caratteristiche meteomarine del bacino nel corso dell'anno è necessario impiegare più tecniche di pesca mirate al prelievo di specie bersaglio mature, alla diminuzione della pressione sugli stok ittici esistenti e ad assicurare la ricostituzione delle riscrse. In presenza di risorse di pesca comuni, operano contemporaneamente nel bacino le flotte degli Stati Mediterranei e di paesi extra mediterranei.
Delineato questo contesto socioeconomico, la Conferenza, in sede di gruppi di lavoro, ha individuato i seguenti elementi significativi di una nuova politica comune della pesca in Mediterraneo:
  • censimento delle attività di pesca;
  • continuo monitoraggio delle risorse commerciali;
  • definizione di una gestione condivisa delle risorse comuni;
  • riconoscimento delle peculiarità della piccola pesca mediterranea, con adeguate politiche di sviluppo (valorizzazione della qualità dei prodotti, sostegno dell'associazionismo, gestione unitaria delle marinerie, rinnovamento della flotta, diversificazione delle attività di impresa);
  • sostegno ai processi di autogestione (Consorzi di Gestione della pesca, Distretti di pesca);
  • incentivazione di una maggiore diversificazione delle attività di pesca al fine di limitare lo sfruttamento massiccio di stock di singole specie bersaglio;
  • accordi per misure di bacino che prevedano la ridefinizione dei periodi di pesca dei grandi pelagici migratori per la salvaguardia dei pelagici giovanili;
  • sostegno per una ricerca di settore condotta anche in ambito internazionaie, finalizzata alla sperimentazione di attrezzi da pesca più selettivi;
  • definizione, a livello mediterraneo, di un disciplinare di attività dei vari segmenti di pesca, che si richiami ai principi della pesca responsabile del Codice di condotta proposto dalla FAO e che introduca meccanismi di premialità per favorirne l'applicazione;
  • creazione concordata di zone di tutela biologica;
  • diffusione delle Aree Marine Protette, specialmente nelle isole minori;
  • responsabilizzazione nazionale e regionale della gestione della pesca all'interno delle acque territoriali, sulla base e nel rispetto di piani di gestione delle risorse ampiamente condivisi nell'intero bacino;
  • affermazione che la pesca e la salvaguardia non sono due attività incompatibili, ma al contrario fortemente collegate e connesse, e che tale consapevolezza è oggi sempre più diffusa tra i pescatori;
  • conferma che l'acquacoltura, ed in particolare la maricoltura, può offrire, nell'ambito di processi di diversificazione delle attività delle imprese di pesca, concrete opportunità di crescita economica e di riconversione professionale, salvaguardando aspetti socio-culturali legati alla professione della pesca.
Intanto, nella prospettiva del prossimo libero mercato del Mediterraneo, conviene dare concretezza alla Conferenza di Creta svoltasi nel 1994, alla dichiarazione di Barcellona del 1995, alla Conferenza diplomatica sulla gestione della pesca nel Mediterraneo svoltasi nel 1996 a Venezia, avviando un processo costituente che porti alla creazione di un Comitato Permanente per la Pesca Mediterranea, aperto alle Regioni costiere dei Paesi Comunitari ed al quale siano invitati a partecipare tutti i Paesi Mediterranei, oltre che le Associazioni di pesca, quelle ambientaliste e gli Enti di ricerca.
È in quest'area che deve trovare spazio il confronto necessario per la definizione del "Piano d'azione per la gestione della pesca nel Mediterraneo" che la Commissione Europea, nell'ambito della riforma della PCP, intende proporre nella seconda metà del 2002. Questo confronto è ineludibile se si vuole che la PCP operi una svolta il cui presupposto sia l'avvio di politiche di armonizzazione delle attività di pesca a livello di bacino che rendano i pescatori partecipi, responsabili e protagonisti delle politiche gestionali.
Un segno della volontà di operare efficacemente in questa direzione potrebbe essere la convocazione di una Conferenza sulla pesca Mediterranea promossa dalla Commissione Europea unitamente alla FAO (CGPM).

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