Assopesca Molfetta

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Anno II - N. 1/2 Gennaio/Aprile 2002


Formazione
Nella formazione il futuro della pesca
Giuseppe Manente

Le prospettive di sviluppo della pesca sono condizionate e spesso frenate da alcuni fattori i quali, se non gestiti con lungimiranza e spirito innovativo, rischiano di provocare una crisi quasi irreversibile del settore.
Uno di essi, forse il più importante, è rappresentato dalla difficoltà di reperire giovani capaci di inserirsi nell'attività di pesca, sia nella veste di operatori che di imprenditori. Si tratta di una tematica avvertita a livello europeo, che però assume particolare rilevanza in Italia e, in modo più evidente, in alcune regioni che si connotano per un calo netto e tendenzialmente sempre maggiore di forza lavoro e di capacità di iniziativa nell'universo-pesca.
Le conseguenze di tale fenomeno sono già immediatamente avvertibili nella gestione ordinaria dei pescherecci, spesso pesantemente condizionata dalla difficoltà di ottemperare alle prescrizioni delle tabelle d'armamento. In una prospettiva di medio e lungo termine e tenendo presente il quadro generale del settore, è indubbio che il progressivo depauperamento delle risorse umane impegnate nella pesca in Italia inciderà sempre più sulla sua vitalità e sulla sua stessa sopravvivenza. Facilmente intuibili, poi, i conseguenti riflessi negativi sia sulla tenuta dell'ampio indotto, sia sulla bilancia dei pagamenti nazionale, con il ricorso sempre più massiccio alle importazioni di prodotti ittici.
Per ovviare a tali inconvenienti, diventa quindi cruciale affrontare e tentare di risolvere la problematica della formazione nelle sue varie sfaccettature.
Essa può trovare le prime risposte efficaci seguendo prioritariamente le seguenti direttive:
  • promuovere idonee iniziative di orientamento scolastico già a livello della scuola dell'obbligo, al fine di far amare la vita e la cultura marinare e di far conoscere le opportunità professionali ed economiche offerte dal
    lavoro peschereccio;
  • rivalutare e rilanciare il sistema dell'istruzione professionale e tecnica inerente al comparto marittimo, mediante una riforma degli Istituti Nautici e dei Professionali per le Attività Marinare, adeguandoli in particolare all'evoluzione della pesca, sia sotto il profilo tecnologico che delle nuove opportunità offerte dal mercato, anche alla luce della politica comunitaria che va, comunque, corretta e ripensata;
  • intraprendere azioni efficaci di formazione dei lavoratori già occupati nel settore, per elevarne la "produttività" e la professionalità, rapportando quest'ultima alle esigenze di imprese di pesca gestite in modo innovativo, sia per quanto concerne la sicurezza che l'organizzazione del lavoro a bordo;
  • favorire la creazione di una nuova cultura d'impresa nei giovani che si avvicinano al mondo della pesca, facendo loro conoscere gli strumenti finanziari e amministrativi utilizzabili per avviare e gestire col massimo profitto l'attività;
  • aumentare la capacità di attrarre al mondo della pesca investimenti e energie umane, promuovendo campagne di comunicazione sociale e sensibilizzazione pubblica, per divulgare le reali potenzialità del settore della pesca e sradicare alcuni pregiudizi diffusi su di essa.
Mettendo in campo azioni improntate ai criteri su esposti e rivedendo gli indirizzi politici comunitari, orientati solo a ridurre, piuttosto che a sostenere ed incrementare la libera iniziativa armatoriale, sarebbe possibile iniziare a colmare l'assurdo gap esistente tra la richiesta crescente dei prodotti alieuti ci proveniente dai consumatori, sostenuta dai risultati della ricerca nutrizionistica, e la diminuzione finora inarrestabile delle risorse umane e imprenditoriali del settore della pesca.

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