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Anno VI - N. 1-2 - Gennaio/Aprile 2006


ricerca scientifica
La ricerca scientifica come supporto all'attività di pesca
Giuseppe Lembo

In tutti i paesi avanzati la ricerca scientifica è strumento di progresso, indispensabile per creare la società del futuro. L'Italia, invece, con una spesa per la ricerca pari all'1,04% del PIL, a fronte di una media, nell'Unione Europea, dell'1,92% non investe adeguatamente in questo importante segmento. Anche il numero di ricercatori su mille lavoratori è uno dei più bassi, pari solo al 62% della media nell'Unione. Nel sud la spesa in ricerca e sviluppo è peraltro bassissima, pari a circa lo 0.63% del PIL.
Tra gli obiettivi principali dell'Unione Europea si annoverano, invece, aumenti della spesa per fa ricerca di oltre il 50%, entro il 2010, per raggiungere così il 3% del PIL. Tale incremento e la creazione di uno Spazio Europeo della Ricerca (SER) permetterebbero all'UE di raggiungere un livello di spesa pari a quello degli USA. Il 6° Programma Quadro (FP6) è stato lo strumento principale per costruire tale spazio, con un bilancio per il periodo 2002-2006 di circa 20 miliardi di euro.
In questo quadro di riferimento la posizione della ricerca italiana in materia di risorse alieutiche e sostenibilità dell'attuale modello di sfruttamento, così come in materia di acquacoltura, qualità degli alimenti e benessere animale, modelli economici sostentili, innovazione di processo e di prodotto, riveste una posizione pressoché irrilevante, resa ancora più marginale dalla continua diminuzione dei fondi disponibili a livello nazionale e dalla carenza di un vero programma di sviluppo proiettato nel medio e lungo periodo.
La legge 41/82 ha reso possibile, ne! recente passato, un'espansione diffusa del sistema della ricerca in materia di pesca ed acquicoltura, con punte massime, in termini di spesa e di progetti, nel MI, IV e V Piano triennale, coprendo un arco temporale di circa nove anni. Tutto ciò ha permesso il consolidarsi di alcune linee di studio ed un discreto rafforzamento del nostro fragile sistema di ricerca, caratterizzato da noti elementi di frammentazione e di dispersione.
Con riferimento a questi ultimi aspetti, un esempio per tutti concerne la nostra rappresentanza nel Forum dei Direttori degli Istituti di Ricerca Europei, che costituisce ancora un problema non risolto, ma che penalizza il nostro Paese in termini di scelte e presenze nei programmi europei.
Ad una fase di partecipazione diffusa, che ha caratterizzato la crescita iniziale del sistema, avrebbe dovuto seguire uno stadio di "maturazione" in grado, al tempo stesso, di consolidare la base di risorse umane ed economi-che acquisita, metterla efficacemente in rete, e di fare emergere i punti di eccellenza, consentendo lo sviluppo di componenti con differenti competenze, funzioni e specificità. Tutto in un quadro di sana competitivita, di emulazione, di sviluppo dell'alta formazione e di complementarietà.
In realtà questa fase è mancata del tutto, come è mancata la continuità d'azione, mentre l'unico surrogato di cambiamento è stato rappresentato dall'introduzione delle procedure di bando pubblico per l'accesso ai contributi di ricerca, elemento che non ha scalfito le debolezze del sistema e non è stato sufficiente a proiettarlo in una dimensione europea di largo respiro.
Si è registrato, negli ultimi anni, un progressivo decremento degli impegni e del sostegno alla ricerca scientifica e tecnologica in materia di pesca ed acquacoltura.
La spesa si è ridotta, gli spazi di
partecipazione sono divenuti più esigui e, di conseguenza, anche gli aspetti di coesione ne hanno risentito a discapito di un processo, atteso, di maggiore "strutturazione" dell'intero sistema.
Questi fattori hanno comportato ripercussioni negative già nel breve periodo, ed appaiono destinati, nel medio e lungo termine, ad incidere pesantemente sulla ancora debole struttura della ricerca, se non si adotteranno tempestivamente le idonee correzioni di rotta.
Altra debolezza del nostro Paese è sicuramente rappresentata dalla contrazione delle opportunità per i giovani ricercatori e, quindi, dalla diminuzione di vitalità e di ricambio nell'intero sistema.
Il nuovo decreto legislativo, in sostituzione della legge 41/82 è, in materia di ricerca scientifica, vago e penalizzante. La sottovalutazione della ricerca non è un fattore preoccupante solo per i ricercatori che operano in questo campo, ma per l'intero sistema. La capacità del nostro Paese di confrontarsi nel contesto europeo, e sui mercati, non può fondarsi sull'aleatorietà delle politiche di sviluppo e sull'estemporaneità delle rappresentanze, poiché sempre più sarà possibile guadagnare spazi e credibilità solo in un sistema in cui la competitivita gioca una funzione di chiave di volta.
Le necessità della ricerca nel settore riguardano sia la funzione di supporto alle politiche della Pubblica Amministrazione, sia rinnovazione di processo e di prodotto nel campo del sistema economico delle imprese. Con riferimento alle nuove opportunità per la ricerca, gli interventi realizzati nell'ambito del POR Puglia stanno svolgendo una funzione propulsiva, ma è necessario non ripetere vecchi errori poiché è presente il rischio di perdere la visione d'insieme dei problemi, in assenza di un coordinamento e di politiche generali di indirizzo efficienti.
Le azioni messe in atto con il VI ed il VII Piano Triennale non esauriscono le necessità della ricerca nazionale di settore, che deve essere messa in grado di sostenere il confronto con un sistema europeo agguerrito, evoluto e fortemente strutturato, ma anche di fungere da supporto alle scelte gestionali e di indirizzo della Pubblica Amministrazione. I due aspetti sono evidentemente interconnessi in quanto una più efficace azione di sostegno alle scelte gestionali potrà, in definitiva, avere effetti positivi non solo a livello nazionale, ma anche nel più complesso quadro della Politica Comune della Pesca.
Con riferimento alle risorse alieutiche, l'impegno messo in campo con le azioni di monitoraggio (Reg. CE n.1543/00 e seguenti) non può non essere supportato da programmi di ricerca metodologica ed applicata, per rendere tali azioni proficue ed inquadrate negli scenari di valutazione e gestione europei ed internazionali. Un monitoraggio senza ricerca significa demandare a qualche altro organismo, ancora non identificato, le scelte strategiche del settore.
Le azioni di monitoraggio sono, infatti, essenziali ma non sufficienti a garantire un reale avanzamento delle conoscenze. È necessario che allo stesso tempo si consolidi e sempre più si sviluppi una ricerca alieutica per il Mediterraneo, che sia in grado di analizzare la complessità dei fenomeni, coniugando gli approcci di valutazione classica con quelli di ecosistema.
Quest'ultimo punto, insieme alle considerazioni sulla multispecificità del Mediterraneo, per il rilievo che vanno assumendo nella scienza alieutica e, di conseguenza, nel campo della gestione, meritano una specifica riflessione. Se è vero che gli approcci classici, prevalentemente monospecifici, presentano limiti nel descrivere e valutare la complessità dei fenomeni, è altrettanto vero che approcci innovativi richiedono uno sforzo, in termini di ricerca, sperimentazione ed alta formazione ben al di là dell'impegno che può essere speso da singoli ricercatori
e/o laboratori. Le potenzialità espresse da nuovi ed auspicabili descrittori ed indicatori devono essere necessariamente studiate ed analizzate in un quadro coerente, dove siano messe in campo energie e risorse adeguate. Anche in questo caso, i ritardi divengono gap di conoscenza difficilmente colmabili se si considera la velocità con cui il progresso scientifico si espande a livello globale.
Nelle azioni di ricerca implementate nel VI Programma Quadro Europeo, il Mediterraneo riveste, ancora una volta, un ruolo marginale e le specifiche problematiche potranno essere difficilmente affrontate nella loro complessità. A tale proposito appare disatteso, almeno parzialmente, un punto definito anche nel Piano d'azione Mediterraneo laddove, fra le iniziative comunitarie da intraprendere, veniva individuato: "il potenziamento delle strutture scientifiche ed il miglioramento delle conoscenze scientifiche".
Vi è, quindi, il rischio che approcci studiati e sviluppati per altre aree geografiche siano trasferiti al Mediterraneo, trascurando i vantaggi derivanti da un approccio specifico.
Un impulso alla ricerca metodologica e tecnologica, indirizzata ad esempio allo studio e sperimentazione di attrezzi più selettivi, a rntnor impatto ambientale e che evitino la cattura di specie accessorie, è auspicabile, in un quadro di coordinamento dei programmi di ricerca che, partendo dai risultati finora conseguiti, prefigurino nuovi scenari e campi di applicazione.
D'altra parte anche le azioni collegate con i Piani di protezione delle risorse acquatiche e con l'istituzione ed il monitoraggio di aree di tutela biologica richiedono il supporto della ricerca, per prevederne gli effetti, misurarne l'efficacia, introdurre elementi di flessibilità nella gestione, secondo percorsi scientifici oggettivi. Le scelte recentemente compiute in relazione a questo punto soddisfano solo parzialmente le aspettative, in particolare per quel che riguarda le ricadute della ricerca in termini di gestione delle risorse ittiche per mezzo della chiusura di aree sensibili, ricaduta alla quale gli operatori della pesca sono senz'altro fortemente interessati.
Più in generale sono ancora poco approfondite le interazioni fra pesca e ambiente. Tali aspetti diverranno, tuttavia, sempre più critici e le carenze in termini di analisi, valutazioni e possibili soluzioni gestionali, rischieranno di ripercuotersi negativamente sugli operatori del settore, soprattutto alla luce del consolidarsi di una consapevolezza dei valori ambientali che sempre più permea la coscienza collettiva. Inoltre, non si intravedono innovazioni nell'istituzione e gestione delle aree marine protette, caratterizzate ancora da un approccio di natura prevalentemente cartografica o, nel migliore dei casi, estetica, in controtendenza con le concezioni più recenti della ricerca scientifica internazionale, che propone di disegnare tali aree ed analizzarne le dinamiche in modo da implementare strumenti gestionali nuovi e, a seconda dei casi, alternativi o complementari a quelli tradizionali.
Il rafforzamento della ricerca scientifica e tecnologica deve sempre più essere considerato fattore propedeutico e propulsivo per l'accrescimento della competitivita del sistema e per indirizzare scelte di tutela e sicurezza del territorio e dell'ambiente.
Di rilievo è anche un nuovo impulso alla ricerca in acquacoltura per rendere maggiormente competitive le produzioni nazionali, in particolare con riferimento ai processi di diversificazione e di miglioramento del benessere animale, in funzione di un quadro più generale di incremento della qualità.
In un sistema molto competitivo, come quello attuale, la sfida del futuro si baserà sempre più sulle capacità di affrontare il mercato, con la consapevolezza che le opportunità possono essere meglio colte quanto più si è in grado di spendere competenze, professionalità, saper fare ed agire in sistemi di relazione complessi.


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