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ASSOPESCAINFORMA - ANNO V - N. 3/4 - MAGGIO/LUGLIO2005



La lunga storia del fermo biologico
Luigi Campo

Sapevamo che qualcosa bolliva in pentola a riguardo del fermo biologico. Succede così ogni anno di questi tempi. Ed è obbligo trattarne su queste colonne. L'intenzione era di trattare l'argomento nel prossimo numero, ma, andando in stampa, ci giunge una prima comunicazione sull'argomento.
La direzione di Federpesca, infatti, commenta, in un suo comunicato, un incontro tenutosi il 23 giugno 2005, presso il Ministero delle politiche agricole e forestali; vi hanno partecipato i rappresentanti delle associazioni di categoria, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori marittimi e della ricerca applicata alla pesca. «Nel corso della riunione - riferisce il comunicato - sono emerse indicazioni utili per il calendario delle interruzioni tecniche delle attività di pesca con i sistemi a strascico e volante. Seppure con diversità di vedute circa le modalità con cui deve organizzarsi il periodo di interruzione - Federpesca a riguardo ritiene debba passarsi ad un sistema maggiormente flessibile rispetto al fermo continuativo generalizzato sinora applicato, consentendo libertà di scelta per impresa in merito all'organizzazione del proprio lavoro - per il 2005 sembra orientarsi verso un sistema autogestito per marineria, rimettendo alla volontà degli armatori interessati decidere se, nell'arco del periodo compreso tra metà luglio e metà ottobre, programmare una sosta di 30 giorni consecutivi ovvero spalmare tali giornate in maniera diversa».
L'impianto di massima, è ritenuto «suggestivo per il carattere di novità ma [...] permane comunque una ipotesi di lavoro necessariamente suscettibile di ampi margini di miglioramento» che vanno definiti, per Federpesca, attivando un «passaggio con i propri organi statutari, affinchè la propria base associativa possa esprimersi in merito alle ipotesi formulate, fornendo le indispensabili indicazioni per i successivi incontri ministeriali».
Seguiremo anche noi il confronto riferendone le conclusioni sul prossimo
numero. Ma intanto viene spontaneo chiedersi: non dura un po'troppo questa discussione sul fermo? Puntualmente ogni anno, sulla questione si comincia a discutere in aprile e si giunge poi in agosto a definire una disciplina che alla fine penalizza tutti: mercato, imprese, lavoratori e soprattutto... le risorse alieutiche.
Ho sfogliato le pagine di questo giornale dal suo primo numero, quello di luglio/agosto 2001 : ogni anno Asso-pescainforma tratta l'argomento del fermo biologico in uno o due numeri.
La questione è dunque... annosa. Anzi... secolare. Assopescainforma di settembre/ottobre 2001, riferendo una curiosità storica ricorda che «Già nell'ottobre del 1784 il re di Napoli emanava un'ordinanza denominata "Prammatica de Nautis et Portubus", con cui regolamentare e limitare drasticamente la pesca "alla gaetana", corrispondente all'attuale strascico, al fine "di evitare gl'inconvenienti che possono risultare con tal pesca, e la distruzione nommeno dei pesci, che delle uova, per le reti che sconvolgono e radono il fondo del mare». Il provvedimento venne ripreso nel 1834 dal re Ferdinando II di Borbone, che ribadì la proibizione tassativa di praticare la pesca alla gaetana, stabilendo che «la pesca con paranze e paranzelli incomincerà non prima del 4 di novembre di ciascuno anno ed avrà fine nel sabato santo dell'anno che segue». Le reazioni, come prevedibile, furono contrastanti. Molti plaudirono all'iniziativa "ecologica" del sovrano. Altri ne misero in discussione la validità. Tra questi l'arciprete molfettese Giuseppe Maria Giovene, il quale in un sua "Memoria sulla Prammatica de Nautis" evidenziò da una parte l'inutilità del fermo proposto e, dall'altra, le conseguenze negative sull'occupazione e sull'economia meridionale. Alla fine il provvedimento regio venne revocato.
E da allora, la storia si ripete: si pone il problema, si discute ai vari livelli, si decide, si ritratta, si decide nuovamente e alla fine le cose... restano più o meno irrisolte per riparlarne l'anno successivo...
Il peggio è che il dibattito torna e ritorna sugli stessi argomenti e le risoluzioni sono soltanto... novità suggestive sulle quali bisogna pur sempre discutere.
Ho ripercorso sulle pagine di Asso-pescainforma i termini del dibattito sul fermo così come svoltosi in questi ultimi anni. Si iniziò nel numero si settembre/ottobre 2001 col prospettare l'evoluzione possibile del fermo. «L'impostazione flessibile del fermo [...] deve tradursi in decisioni operative le quali, oltre a proteggere le risorse, diano effettivamente agli operatori della pesca la possibilità di conseguire risultati ottimali nel loro sforzo produttivo. A tal fine occorre mettere in atto misure efficaci e risolutive. Innanzitutto vi è la necessità di mantenere, almeno per grandi aree, l'obbligatorietà del fermo biologico continuativo, lasciando la
sua regolamentazione ai preposti organismi ministeriali, per evitare la conflittualità e scoraggiare le trasgressioni. [...] In prospettiva più lunga, si dovrebbe poi puntare a stabilire periodi di fermo mirati alla salvaguardia di ben definite specie marine, proibendo l'attività di pesca in aree delimitate. [...] In quest'ottica dovrebbe spettare ai costituendi Osservatori Regionali il compito di affidare il monitoraggio continuo dello stato delle risorse ai Centri specializzati, per ottimizzare la regolamentazione locale dello sforzo di pesca».
L'anno dopo il MIPAF decide la strutturazione del fermo biologico diversificando i tempi dell'interruzione obbligatoria dell'attività in Adriatico e Jonio. Il litorale è diviso in 4 zone che osserveranno il fermo in quattro periodi successivi dal 22 luglio al 6 ottobre; resta comunque esclusa la possibilità di pescare entro le 5 miglia marine per tutto il periodo compreso tra l'8 luglio e il 16 ottobre.
«La soluzione adottata - commenta Assopescainforma - è nel complesso condivisibile, anche se praticamente "imposta" dalla necessità di ricalcare le linee generali del fermo dell'anno scorso, per consentire al Ministero di approntare un piano organico per la difesa delle risorse ittiche in Adriatico da presentare all'Unione Europea, per ricevere anche i fondi relativi al 2001. I vantaggi di una strutturazione scaglionata del fermo sono evidenti. Innanzitutto evita che il mercato resti per un lungo periodo senza il prodotto fresco nazionale, con gli
ovvi danni per le imprese di pesca, per i commercianti, per i consumatori e per la bilancia dei pagamenti nazionale» (fermo biologico del 2002, in Assopescainforma, maggio/giugno 2002).
Nel corso del 2003 il dibattito sul fermo biologico si fa più determinato. Gli uffici ministeriali diffondono una ipotesi di strumenti di intervento (dibattito sul fermo biologico, in Assopescainforma, marzo/aprile 2003) in cui: il periodo del fermo è fissato dal 16/6 all'11/10 per il 2003 e dal 14/6 al 16/10 per il 2004; si sospende obbligatoriamente nell'ambito del periodo suddetto l'attività di pesca con reti da traino per 60 giorni complessivi per tutti i motopesca italiani che operano in Mediterraneo; si decide che la sospensione della pesca in maniera continuativa ogni anno per 60 giorni può avvenire in un unico periodo oppure in più periodi continuativi di almeno 15 giorni; tutti i 60 giorni di sospensione devono rientrare nel periodo di sospensione; vengono confermate le 4 aree di tutela biologica previste dal precedente piano e si propone l'istituzione di nuove aree di tutela biologica.
Il dibattito entra subito nel vivo; l'Associazione Armatori da pesca di Molfetta esprime una sua proposta sostanzialmente condivisa dalle altre Organizzazioni di categoria pugliesi.

L'Assopesca ritiene l'interruzione temporanea dell'attività di pesca un provvedimento efficace solo se rapportato all'effettiva tutela delle risorse alieutiche, con risultati misurabili e valutabili. Tale interruzione deve quindi produrre effetti positivi nella protezione del periodo di ripopolamento delle risorse, con costi sociali ed economici tollerabili e con un effetto indotto di tutela dell'ecosistema marino. La proposta suggerisce una fascia di 6 miglia totalmente interdetta alla pesca a strascico e/o volanti per un periodo di 4 mesi (preferibilmente da giugno a settembre compreso). Tale durata è ritenuta indispensabile dai biologi per consentire il ripopolamento delle risorse. Per garantire l'effettiva praticabilità della interruzione e una possibilità di lavoro anche per le imbarcazioni abilitate alla pesca locale entro le 6 miglia, si prevede una autorizzazione in deroga a tali imbarcazioni per praticare la pesca entro le 12 miglia. La proposta si completa con una previsione di un periodo più lungo di interruzione tecnica (60 giorni) diluita nell'intero periodo dei 4 mesi individuati, con caratteristiche di flessibilità tali da coniugare tutela delle risorse e possibilità di produrre lavoro, reddito d'impresa e continuità dell'offerta di prodotto ai mercati.
Ai fatti, però, tutto resta come prima. Solite discussioni, quindi, e solito fermo.
Anche nella primavera-estate 2004 c'è discussione (// fermo 2004: una soluzione concertata, in Assopescain-forma, maggio/giugno 2004); anzi alla fine sembrò giusto menar vanto per aver trovato una "soluzione concertata".
La pesca marittima si ferma da Trie-
ste a Manfredonia dal 2 agosto al 5 settembre, mentre da Molfetta a Cro-tone dal 6 settembre al 10 ottobre. Inoltre in Adriatico e prevista una interruzione facoltativa dal 5 luglio al 1° agosto. Nel Tirreno le imprese di pesca a strascico e/o volante avranno facoltà di aderire all'interruzione temporanea per 35 giorni consecutivi nell'arco temporale dal 5 luglio al 10 ottobre.
L'On. Scarpa in un suo comunicato del 2 luglio 2004 esprime il compiacimento «per l'eccellente collaborazione che, anche in questa circostanza, si è riscontrata con tutte le Associazioni di pescatori». E aggiunge: «Questa collaborazione, raccordata con le indicazioni della ricerca scientifica è in grado di garantire un equilibrio tra le esigenze economico-sociali e quelle della conservazione delle risorse». Eppure qualcosa si dovette rivedere all'ultimo momento. Il Comitato di coordinamento marinerie pugliesi ritenne opportuno far presente al ministro che necessità biologiche dell'area da Ter-moli a Bari imponevano un periodo di fermo nella zona dal 02.08.2004 al 05.09.2004 e che il periodo stabilito nel decreto creava alle marinerie pugliesi forti danni sia di natura biologica che economica, con preoccupanti tensioni nelle stesse marinerie, specie nel segmento del "piccolo strascico". Con successivo decreto il ministro dispose che il fermo da Trieste a Bari si effettuasse dal 2 agosto al 5 settembre.
È assolutamente vero che la politica del fermo deve essere un raccordo generalizzato che ha come riferimento le indicazioni della ricerca scientifica, le sole in grado di garantire un equilibrio tra le esigenze economico-sociali e quelle della conservazione delle risorse. Il dibattito e gli orientamenti dei decisori sembrano andare in questa dirczione. Ma se le decisioni vengono prese dando forza alla ricerca, poi bisogna accettarle senza deroghe e scappatoie. Anche perché ricerca vuoi dire mettere in raccordo le esigenze del mercato, delle imprese e dei lavoratori con quelle delle risorse.
Ma questo raccordo bisogna oltre che cercarlo, anche volerlo sul serio!


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