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Anno IV N. 2 - Marzo/Aprile 2004


Editoriale
Un Ministero per il mare
Granco Gesmundo

Abbiamo letto di recente che il ministro Scajola ha intenzione di promuovere la creazione di un Ministero per il Mare.
È chiaro che si tratta semplicemente di una intenzione e che non vi è nulla di concreto ma l'idea ci sembra interessante ed utile, soprattutto se traguardata dal versante della Pesca.
Perseguire l'intento di unificare le competenze numerose, frammentarie e contraddittorie che attualmente gravano come macigni sulla possibilità di creare un sistema imprenditoriale moderno, flessibile e competitivo nel settore della pesca, significa fare un deciso salto di qualità nelle politiche sulla pesca e sull'intero settore.
Le competenze e le responsabilità sono attualmente distribuite tra U.E., Ministero delle Politiche agricole e forestali, Ministero dei Trasporti, Regioni, con alcune incursioni nelle competenze del Ministero del Lavoro, dell'Ambiente, Attività produttive nonche delle Province e dei Comuni.
Una legislazione efficace deve invece essere univoca, coerente e chiara nelle attribuzioni e nelle responsabilità: poche leggi chiare e precise e non tanti soggetti deputati ad esprimere pareri, a concordare decisioni che si assumono, per queste ragioni, con molto ritardo e in modo contraddittorio.

Un Ministero che unifichi le responsabilità ed i poteri potrebbe essere la soluzione a tanti problemi ed offrire al mondo della pesca l'interlocutore competente di cui le imprese hanno bisogno, rimettendo ordine in un settore importante della nostra economia ma che sta attraversando una crisi che nessuno più potrebbe definire congiunturale.
Ne uscirebbe rafforzata anche la politica che il Governo sta lodevolmente portando avanti nei confronti della Commissione Europea, grazie all'impegno del sottosegretario Scarpa; ne uscirebbe consolidata la nostra capacità di iniziativa politica, la nostra capacità progettuale, l'azione di tutela delle specificità della pesca adriatica e mediterranea nei confronti di una impostazione comunitaria eccessivamente curvata sui bisogni e sugli interessi dei Paesi del Nord Europa.

Certamente un Ministero unico ed autorevole deve anche conciliare la sua attività con le politiche regionali e locali, cui la devolution affida numerose ed importanti competenze anche in materia di pesca. Il problema non è però di difficile soluzione, specie se si individuano ambiti precisi di intervento che potrebbero riguardare le politiche di filiera, infrastrutturali e commerciali, affidate alle Regioni e quelle relative all'attività di pesca al Ministero per il Mare.

Una soluzione di tal genere appare opportuna anche perche la regionalizzazione delle politiche di gestione dell'attività di pesca in mare rischia di innescare conflitti tra marinerie e, lungi dal risolvere, attraverso il decentramento, i problemi, con un focus più vicino alle imprese ed ai luoghi di produzione, aggraverebbe vieppiù la confusione e la crisi del settore.
La cosiddetta "distrettualizzazione" dell'attività e della gestione costituisce una ulteriore difficoltà per un settore che deve essere libero da eccessivi vincoli e parcellizzazioni dal momento che opera in un ambito per definizione libero e senza confini.

Non c'è contraddizione ne ci deve essere tra la legittima tutela delle tradizioni e dei costumi locali con la libertà di impresa anche e soprattutto in questo settore. La globalizzazione parte infatti dal recupero delle identità culturali e territoriali e, pertanto, la creazione da alcuni auspicata dei distretti di pesca, visti alcuni precedenti conflitti tra marinerie adriatiche che dovrebbero invece riscoprire il valore forte della solidarietà nei confronti di un potere a volte invadente e poco attento alle specificità, non può che suscitare legittime preoccupazioni in chi ha a cuore la pesca per la sua valenza economica ma anche culturale ed ambientale.

Il decentramento deve affermarsi e concretizzarsi avendo ben presenti i problemi che può innescare o aggravare, fare un piccolo passo indietro sul terreno delle politiche di gestione, non introdurre ulteriori elementi di frantumazione e complessità nella legislazione sulla pesca, che di tutto ha bisogno, tranne che di nuove occasioni di lacerazione e di scontro tra le marinerie o di nuovi lacci che ostacolino la libertà di impresa ed i tentativi di rilancio e di ammodernamento del sistema.

L'ammodernamento che noi abbiamo sempre propugnato è quello delle tecnologie, della sicurezza del lavoro, della flessibilità delle azioni di tutela delle risorse, vedi "fermo biologico", di una semplificazione delle norme e di una chiara declinazione dei poteri e delle responsabilità, ripartite in modo funzionale non alle burocrazie comunitarie, statali o regionali ma alle imprese di pesca impegnate in una attività difficile ma affascinante e ricca di grandi tradizioni, eppure vocata all'innovazione.


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