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Anno IV N. 1 - Gennaio/Febbraio 2004


Sicurezza: un impegno ancora disatteso
Il D. Lgs. n. 271 del 271uglio 1998
Francesco Mastropierro

Il D. Lgs. n. 271 del 27 Luglio 1998, approvato per adeguare alle attuali esigenze la normativa sulla sicurezza e la salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili e da pesca nazionali e collegato anche al noto D. Lgs. n. 626 del 19/9/'94 e ad alcune direttive comunitarie in materia, risulta carente in alcuni punti.
Anzitutto il comma 2 dell'art. 6 recita che "la documentazione di cui al comma 1 deve essere redatta da personale tecnico delle costruzioni navali (Ingegneri Navali, Costruttori, Maestri d'ascia e Calafati) ed inviata dall'armatore al Ministero per l'approvazione", mentre il comma 4 prevede che tale documentazione, autocertificata dall'armatore (o dal proprietario), sia conservata a bordo per esibirla agli Organi di Controllo, ove richiesta, senza inviarla al Ministero per l'approvazione. È evidente che un tale distinguo dei citati commi sia stato opportunamente disposto dal legislatore per favorire i natanti di minor tonnellaggio in analogia a quanto stabilito dal D. Lgs. 626/94 per le imprese minori con meno di dieci dipendenti.

Con riferimento al comma 2 dell'art. 28 ( Vigilanza) facciamo notare che le visite (iniziale, periodica ed occasionale) non sono finora state effettuate per l'assenza delle Commissioni Territoriali ed il mancato impegno della Sanità Marittima.

Il comma 3 dell'art.28 recita che "entro un anno dall'entrata in vigore del decreto 271 sono individuati i criteri per assicurare unità ed omogeneità di comportamento in tutto il territorio nazionale ...", ma possiamo solo constatare che sono trascorsi quasi cinque anni senza che alcuno di questi criteri sia stato emanato.

È convinzione diffusa, che il D. Lgs. n. 271 sia un decreto da rivedere, anche perche pretende di regolamentare con un'unica normativa sia le navi mercantili che quelle da pesca: ciò è impensabile, atteso che si tratta di due realtà nettamente diverse per:

  • costruzione (pescherecci in legno e altre navi in acciaio);
  • scopi operativi (pesca/trasporto merci e passeggeri);
  • conduzione nautica, tenuto debito conto delle condizioni meteomarine;
  • composizione degli equipaggi e numero delle persone imbarcate;
  • operazioni previste dall'attività di bordo, sia in navigazione che in porto.

Basta considerare alcune differenze sostanziali per realizzare la diversità fra le classi di naviglio: i pescherecci sono privi di compartimentazione stagna (nemmeno le sovrastrutture hanno porte stagne) e sono previsti operare in condizioni meteomarine maneggevoli, mentre i mercantili sono dotati di compartimentazione stagna e sono progettati per battere il mare con qualsiasi tempo. Per quanto concerne le emergenze, va puntualizzato che per organizzazione, mezzi e numero di persone a disposizione, queste vengono affrontate in maniera totalmente diversa Ciò dovrebbe essere sufficiente (anche se l'elenco è ben lungi dall'essere esaustivo) a giustificare la incomparabilità fra mercantili e pescherecci, che pertanto devono essere regolamentati da norme separate.

Non possiamo esimerci dall'osservare che gli armatori delle navi da pesca sono ancora in attesa dell'approvazione ministeriale e restituzione dei Piani trasmessi da quasi cinque anni, pertanto i natanti - pur essendosi gli armatori attenuti alle disposizioni previste dal decreto - non sono in regola con le prescrizioni, loro malgrado.

L'art. 32 del decreto (Approvazione del Piano di Sicurezza dell'ambiente di lavoro) sancisce che il progetto dettagliato dell'unità e la specifica tecnica (lettere a e b dell'art. 6, comma 1) siano verificati dalla Commissione Territoriale e successivamente approvati dal Ministero entro 120 giorni dalla data di presentazione. A questo proposito non possiamo non rilevare che anche se detto articolo non specifica l'esclusione dei pescherecci di lunghezza inferiore a 24 metri - in linea con il comma 4 dell'art. 6 - esso è applicabile soltanto ai natanti di lunghezza superiore a 24 metri; inoltre osserviamo che nulla di quanto recita esso art. 32 è stato esperito fino al presente, per i motivi già esposti e comunque non imputabili agli armatori.

Pertanto facciamo osservare come le Autorità preposte siano inadempienti nei confronti di normative da esse stesse emanate, a cui gli armatori hanno fatto e fanno del loro meglio per attenersi, ma purtroppo inutilmente, loro malgrado.

L'art. 27 del decreto (Informazione e formazione dei lavoratori marittimi) tratta ampiamente quanto dovrebbe essere esperito in materia e conclude (comma 6) che saranno stabiliti i criteri per il rilascio delle certificazioni relative alla formazione del personale marittimo con decreto ministeriale, ma esso nemmeno sfiora il termine temporale di tale incombenza, ne accenna ad alcun programma da seguire: ovvio risultato di tutto ciò è la inevitabile confusione nel comparto della Pesca anche sotto questo aspetto. Comunque non è stato ancora stabilito alcun criterio in merito.

Mancano ancora i programmi relativi alla formazione prevista dal D. Lgs. n. 271 pertanto è imperativo che l'Autorità preposta proweda alla loro pubblicazione, atteso che sarà necessario un certo periodo di tempo per organizzare i corsi e preparare materialmente i candidati.

In conclusione osserviamo che il legislatore ha voluto dotare la Marineria di uno strumento concernente la sicurezza e la salute a bordo; egli si è altresì reso conto che la materia era molto complessa e che ci sarebbe voluto tempo per assimilarla e magari apportare modifiche e/o miglioramenti - come del resto è avvenuto per il D. Lgs. n. 626/99.

Il D. Lgs. N. 271, quindi, necessita di certezze e di norme specifiche che possono prevedere le peculiarità del settore della pesca. Ciò potrebbe evitare contraddittorie interpretazioni da parte dell'autorità di controllo e della magistratura competente.


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