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Anno IV N. 1 - Gennaio/Febbraio 2004


attualità - Gli accordi possibili
La dichiarazione croata di una zona esclusiva di pesca e protezione ecologica
Giuseppe Cataldi


Con la decisione del Parlamento croato del 3.10.03, adottata in base all'art. 55 della Convenzione delle nazioni unite sul diritto del mare (CNU­DM) firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 (vedi riquadro nella pagina) e all'art. 1042 del Codice marittimo croato del 1994, la Croazia ha proclamato una zona di protezione ecologica e peschiera.

Con tale decisione la Croazia si attribuisce unilateralmente i diritti so­vrani previsti per la zona economica esclusiva (ZEE) relativi a esplorazione e sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse viventi situate oltre il mare territoriale, così come la giurisdizione relativa alla ricerca scientifica marina e alla protezione dell'ambiente marino. Inoltre, la Croazia si riserva il potere di esercitare anche gli altri diritti previsti dalla CNUDM per la ZEE.

Il contesto politico in cui tale proclamazione avviene è chiaramente propizio perche, da un lato, alcuni "autorevoli" Stati mediterranei come la Spagna e la Francia hanno rotto gli indugi durati decenni e hanno proclamato rispettivamente una zona di protezione peschiera e una zona di protezione ecologica nel Mediterraneo, dall'altro, in seno alla Comunità europea si è andata diffondendo la convinzione che per tutelare le risorse fosse ormai necessaria la creazione di zone nazionali di protezione, in considerazione del puntuale fallimento di ogni iniziativa di rafforzamento della cooperazione multilaterale nel Mediterraneo (Road Map della Commissione del 2002 e Conferenza di Venezia del 2003). Alcuni Stati arabi del Mediterraneo, appartenenti alla riva Sud (Algeria e Marocco) hanno già proweduto ad analoga proclamazione, mentre altri hanno dichiarato di avere questa intenzione in futuro se la questione del regime giuridico del Mediterraneo non troverà una sistemazione concordata.

Prevenendo possibili obiezioni, la Croazia ha previsto che:

a) I'operatività della zona viene differita di 12 mesi, necessari per preparare e creare i meccanismi operativi e per concludere se possibile accordi o intese con altri Stati e con la Comunità europea;
b) la zona rimane un'area di mare dove gli Stati terzi continuano a godere della libertà di navigazione, sorvolo, posa di cavi e condutture sottomarine e degli altri usi internazionalmente leciti;
c) il limite esterno della zona di protezione croata sarà determinato attraverso gli accordi di delimitazione con gli Stati frontisti o adiacenti.

 

Tuttavia, nelle more della conclusione di tali accordi, la Croazia considera applicabili, a titolo provvisorio, le linee di delimitazione della piattaforma continentale (PC) per il confine con l'ltalia, così come stabilito dall'accordo tra l'ex Yugoslavia e l'ltalia nel 1968, e le linee di delimitazione del mare territoriale per la frontiera marittima con la Serbia e il Montenegro, come definite dal Protocollo del 2002 firmato da Croazia e Serbia-Montenegro.

La proclamazione è assolutamente legittima secondo il diritto internazionale generale, atteso che uno stato costiero di un mare semichiuso può legittimamente esercitare i poteri previsti dall'istituto della ZEE, anche se in forma ridotta. Sia la giurisprudenza internazionale che la dottrina sono concordi nel ritenere che la zona esclusiva di pesca sia un minus rispetto alla ZEE e che ad essa si applichino le disposizioni di diritto internazionale generale valide per la ZEE.

Pertanto, anche alla zona di protezione ecologica e peschiera, che ha una portata più ampia rispetto alla zona di pesca, si applicano le norme di diritto consuetudinario relative alla ZEE e alla sua delimitazione, secondo quanto affermato dalla Corte Internazionale di Giustizia in varie decisioni. Valgono poi le disposizioni della CNU­D M atteso che tutti gli Stati interessati alla zona ne sono parte. Si applicano dunque alla zona croata gli articoli 61,62, e da 69 a 73, che prevedono obblighi dello Stato costiero nei confronti dei terzi, quali la necessità, in particolare, di tener conto degli interessi storici di pesca nell'attribuzione del surplus, vale a dire della differenza tra totale di catture ammissibili e capacità di pesca costiera.

Tuttavia, al caso di specie si applicano anche le disposizioni dell'art.123 della CNUDM che prevedono la concertazione tra gli Stati costieri di mari chiusi e semichiusi sia in materia di gestione e conservazione delle risorse biologiche che di esercizio dei diritti e di adempimento degli obblighi derivanti dalla protezione dell'ambiente marino.

La formulazione della norma non permette di dedurre l'esistenza di un vero e proprio obbligo degli Stati costieri di cooperazione che si possa tradurre in un pactum de contrahendo, ma piuttosto lascia pensare che si tratti almeno di un obbligo di addivenire ad un negoziato e di tenere un comportamento secondo buona fede non lesivo dei diritti altrui.

Il fallimento di alcuni tentativi di promuovere una soluzione giuridica per il Mediterraneo con la cooperazione multilaterale non ha fatto venir meno l'obbligo della Croazia di concordare preventivamente almeno con gli Stati frontisti e adiacenti la soluzione alla questione della protezione delle risorse e dell'ambiente marino. Gli Stati costieri dell'Adriatico che si sentano danneggiati dalla proclamazione croata possono non solo invocare l'art.123 della CNUDM, lamentando la mancanza di previa comunicazione e concertazione, ma anche vantare l'esistenza di un'aspettativa di cooperazione molto più concreta e significativa derivante dalla conclusione di intese politiche multilaterali e di accordi bilaterali avvenuta all'interno del progetto Adriamed, promosso dalla FAO, e con la Dichiarazione di Ancona del 2000.

A ciò si potrebbe obiettare che la proclamazione croata è in linea con la nuova tendenza degli Stati mediterranei di estendere la giurisdizione oltre il mare territoriale e con la nuova linea politica della Comunità europea, che, sebbene dopo la proclamazione spagnola aveva sollevato qualche obiezione circa la mancanza di una preventiva trattativa in sede comunitaria, ha poi non solo rimosso ogni riserva in relazione alle decisioni unilaterali, ma anche incoraggiato e auspicato che gli Stati mediterranei scegliessero la strada della proclamazione delle zone protette.

Tuttavia, la decisione croata, o meglio la mancanza di concertazione preventiva con la Comunità e i suoi Stati membri interessati, ci appare comunque contraria al principio di concertazione e al meccanismo europeo decisionale (prima l'accordo, poi la decisione), che dovrebbero essere sempre applicati dagli Stati membri (e da quelli aspirano a diventarlo) almeno in quei settori, come la pesca, di competenza esclusiva della Comunità. È prospettabile pertanto una responsabilità precontrattuale (culpa in contrahendo) a carico della Croazia, anche alla luce dei precedenti della prassi internazionale. Inoltre, una decisione unilaterale non concordata ha, inevitabilmente, un'incidenza negativa sulla politica di contenimento dello sforzo di pesca perchè, chiudendo spazi ai pescatori, diventa difficile convincere questi ultimi a limitarsi ulteriormente in altri modi (fermo stagionale, interdizione totale o parziale di taluni strumenti di pesca ecc.).

Fermo restando la legittimità di fondo della proclamazione, alla luce dell'aspirazione della Croazia di aderire all'UE e con la prospettiva di un Adriatico zona di pesca comunitari, è auspicabile un'azione tesa alla gestione in comune delle risorse, piuttosto che ad una rigida delimitazione degli spazi rispettivi di giurisdizione.

* Ordinario di Diritto internazionale Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"

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Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare
Montego Bay - 10 dicembre 1982

PARTE IX: MARI CHIUSI O SEMICHIUSI

Art. 122 - Definizione
Ai fini della presente Convenzione si intende per "mare chiuso o semichiuso" un golfo, un bacino o un mare circondato da due o più Stati e comunicante con un altro mare o con un Oceano per mezzo di un passaggio stretto, o costituito, interamente o principalmente, dai mari territoriali e dalle zone economiche di due o più Stati costieri.

Art. 123 - Cooperazione tra Stati costieri di mari chiusi o semichiusi
Gli Stati costieri di un mare chiuso o semichiuso dovrebbero cooperare fra loro nell'esercizio dei diritti e nell'adempimento degli obblighi loro derivanti dalla presente Convenzione. A tal fine essi si impegnano, direttamente o per mezzo di una organizzazione regionale appropriata, a:

a) coordinare la gestione, la conservazione, l'esplorazione e lo sfruttamento delle risorse biologiche del mare;
b) coordinare l'esercizio dei loro diritti e l'adempimento dei loro obblighi relativi alla protezione ed alla preservazione dell'ambiente marino;
c) coordinare le loro politiche di ricerca scientifica ed intraprendere, se del caso, dei programmi comuni di ricerca scientifica nella zona considerata;
d) invitare, se del caso, altri Stati o organizzazioni internazionali interessati a cooperare con loro all'applicazione delle disposizioni del presente articolo.

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Ministero delle Politiche Agricole e Forestali
Comunicato stampa dell'11 marzo 2004

Riunione a Portorose fra Italia, Croazia e Slovenia per una gestione condivisa dell'Adriatico

"Abbiamo ribadito la nostra assoluta contrarietà alla scelta compiuta dalla Croazia e abbiamo chiesto che la corretta soluzione del problema pesca sia posta come condizione imprescindibile per l'adesione di questo Paese all'Ue: come Ministero delle Politiche agricole non possiamo che sostenere un'armonizzazione degli interessi per una gestione condivisa del Mare Adriatico tra i Paesi interessati".

Con queste parole il sottosegretario alla Pesca, Paolo Scarpa Bonazza Buora, ha commentato l'esito, ancora interlocutorio, del secondo incontro trilaterale fra Italia, Slovenia e Croazia, svoltosi oggi a Portorose, a cui ha partecipato il Sottosegretario agli Esteri Roberto Antonione.

Il Sottosegretario Scarpa ha ricordato il pesante impatto economico ed ambientale della decisione croata, che - seppur legittima dal punto di vista del diritto internazionale - andrebbe modificata in considerazione delle particolari condizioni dell' Adriatico, un mare semichiuso.

"Ci rivedremo a Pola fra tre settimane - ha concluso Scarpa - e in quell'occasione non mancheremo di tornare a difendere con la massima determinazione gli interessi dell'ltalia".


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