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Anno IV N. 1 - Gennaio/Febbraio 2004


attualità
Il Piano per la Pesca del 2004
Giuseppe Manente

Il mancato varo del VII Piano triennalie della Pesca e la conseguente proroga del VI Piano, ormai scaduto da quasi due anni, ha imposto al Ministero di promulgare, in attesa di adottare provvedimenti legislativi organici, definitivi e certamente più confacenti alle urgenti esigenze del settore, un Piano Nazionale della Pesca e dell'Acquacoltura valido per il 2004.

Esso è collegato direttamente all'approvazione da parte del Governo della riforma globale del comparto peschereccio, tesa ad ammodernare questo fondamentale campo dell'economia nazionale, in vista del nuovo assetto istituzionale previsto dalla modifica dell'articolo 117 della Costituzione. Si tratta, quindi, ancora una volta, di ridefinire con precisione ruoli e competenze delle varie entità di governo e, in primis, dello Stato e delle Regioni; un problema, questo, che si trascina, irrisolto, da ormai troppo tempo e di cui non si intravede la soluzione finale, dal momento che il dibattito politico sulla impostazione in senso federale dello Stato, stenta ad imboccare la via che porta ad un esito condiviso

Comunque, il Governo ha dei tempi da rispettare. Infatti entro giugno di quest'anno, in base alla legge 131/2003, ha l'obbligo di emanare dei decreti che possano guidare l'iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni, fino all'entrata in vigore delle leggi che regoleranno in modo definitivo le materie che le modifiche dell'articolo 117 hanno completamente ridisegnato.

In attesa che questo faticoso processo si compia, il Piano 2004 delinea sia gli indirizzi generali che le modalità attuative a cui i provvedimenti per la pesca e l'acquacoltura devono ispirarsi, specie in relazione ai contributi economici necessari e alla ripartizione e alla distribuzione delle disponibilità finanziarie previste dalla legge di bilancio.

In merito agli indirizzi generali, il Piano ribadisce gli orientamenti che hanno ispirato la politica della Pesca negli ultimi anni e che sono stati confermati anche a livello europeo, sia dalla nuova PCP, sia nel delineare la Politica comunitaria per la pesca nel Mediterraneo. Si conferma quindi la necessità prioritaria di tutelare le risorse ittiche, nel rispetto, però, delle esigenze dei consumatori, della salvaguardia della sicurezza alimentare, e, soprattutto, degli interessi degli operatori, che devono veder realizzata la loro speranza di evolversi economicamente e di poter, quindi, difendere anche il livello occupazionale del settore.

Nell'osservanza di queste linee­guida, il Piano 2004, individua, oltre al potenziamento della ricerca, quattro ambiti privilegiati di intervento: aumento della competitività del sistema pesca;

sostegno alla produzione di qualità;

gestione e tutela delle risorse ittiche;

difesa degli interessi della pesca italiana in sede comunitaria.

Il primo punto è fondamentale per il futuro immediato della Pesca Italiana e gli orientamenti che prospetta sono incoraggianti. Infatti, in primo luogo si ribadisce l'intenzione di snellire le procedure burocratiche, che spesso costituiscono un freno allo sviluppo delle imprese di pesca. In stretto collegamento a questo indirizzo, è l'impegno di sostenere e sviluppare "forme di autogestione e di organizzazione flessibile dell'attività", anche nell'ambito della formazione professionale degli operatori, istruiti all'uso di tecniche e tecnologie innovative che migliorino il lavoro di bordo. Si tratta, quindi, di un riconoscimento ulteriore delle istanze che, con Federpesca, Assopesca propone ormai da anni con tenacia, frutto dell'esperienza e della competenza dei pescatori.

Apprezzabile anche il riferimento alle iniziative atte a supportare l'attività di pesca con i più moderni strumenti offerti dall'informatica e dalla telematica, che consentiranno di collegare in tempo reale alcune entità operative fondamentali, come MIPAF, Capitanerie de Porto e Uffici regionali (e noi aggiungiamo le Associazioni di produttori), e di costituire un banca dati a disposizione anche di enti vari e imprese ittiche.

Queste ultime potranno ricevere un ulteriore incentivo alloro sviluppo dalla ridefinizione della figura economica dell'imprenditore della pesca, che sarà equiparato all'imprenditore agricolo e che vedrà riconosciute nuove possibilità di attività ancora non sfruttate. Esse saranno chiarite da appositi studi di orientamento, i quali certamente valorizzeranno ambiti di impegno imprenditoriale, come il pescaturismo e l'ittiturismo, che, oltre ad incrementare possibilmente i redditi degli operatori, potranno incentivare nuovi investimenti e incoraggiare l'occupazione giovanile nel settore, al momento languente.

Infine, altre iniziative complementari ma non certamente di minore valenza, sembra possano essere messe in cantiere per arricchire un quadro di sviluppo che si presenta foriero di fondate speranze. Esse coinvolgono ambiti particolari, come la commercializzazione (accorciamento e controllo della filiera distributiva), il rinnovamento della flotta (pieno utilizzo delle risorse SFOP per il ritiro dei natanti adibiti alla piccola pesca a strascico) e i rapporti con le marinerie estere (impianto di progetti e programmi transnazionali).

Il sostegno alla produzione di qualità sarà diretto verso le imprese capaci di produrre assicurando il minor impatto ambientale possibile e che, inoltre, adotteranno procedure di lavorazione garantite che giustifichino l'emissione di certificazioni di qualità. È evidente che tali provvidenze riguardano innanzitutto l'acquacoltura, per sorreggere in essa l'utilizzo di novellame di specie innovative e la diversificazione dell'offerta, ma possono benissimo estendersi alla pesca marittima, una volta messi a punto i parametri che definiscano con precisione i criteri di qualità del pescato.

La gestione e la tutela delle risorse ittiche potrà essere assicurata dalla predisposizione, anche per il 2004, di un Piano di protezione delle risorse acquatiche, che veda protagonisti tutti gli operatori. Assumono in tal senso importanza fondamentale lo stabilire in modo condiviso i periodi di interruzione temporanea dell'attività di pesca e il monitoraggio delle aree di tutela biologica, al fine di individuarne l'adeguatezza.

Infine, per quanto concerne la difesa degli interessi della pesca italiana in sede europea, viene accolta, con ancora maggiore chiarezza che nel passato, la richiesta di rafforzare la rappresentanza del mondo della pesca italiana nelle istituzioni comunitarie, coinvolgendo maggiormente il mondo dell'associazionismo, con tutto il bagaglio di proposte e di esperienze di cui esso è portatore. Esso potrà essere ancor di più valorizzato, affidandogli nuovi compiti o potenziando quelli già svolti, con l'istituzione di Centri di Assistenza alla Pesca, con mansioni anche di carattere fiscale.

In tal modo si rafforzerà ancora di più la rappresentatività dell'imprenditoria marittima, riflettendo l'orientamento già previsto a livello comunitario, in cui si prevede una partecipazione più corposa ad importanti organismi di consultazione, come il RAC, il CGPM e I'ICCAT.

In conclusione, un Piano annuale denso di proposte e di buone intenzioni, ma che presenta ancora elementi di precarietà e inorganicità. Rispetto ai precedenti piani, emerge, infatti, una programmazione finanziaria lacunosa che non consente una valutazione esaustiva delle risorse a disposizione. Comunque, costituisce una base su cui lavorare per il futuro immediato della pesca italiana: adesso non resta che passare dalle parole ai fatti.


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