Assopesca Molfetta

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Anno IV N. 1 - Gennaio/Febbraio 2004


editoriale
Pesca e new economy
Francesco Gesmundo

Spesso in passato, su queste pagine ci siamo impegnati ad analizzare le ragioni della crisi di settore che, purtroppo sta assumendo sempre più una dimensione strutturale.

Riduzione costante della flotta peschereccia per effetto delle politiche comunitarie di contenimento dello sforzo di pesca, impoverimento delle risorse ittiche, invecchiamento della marineria e crisi vocazionale, vincoli legislativi derivanti anche dalla pluralità dei soggetti che governano il settore, deficit nella cultura d'impresa, queste alcune delle principali cause della crisi sulle quali è stato costante lo sforzo propositivo dell'Assopesca nella direzione di un ammodernamento della filiera.

Nonostante le occasioni e le opportunità offerte dai finanziamenti comunitari, nazionali e regionali, il settore stenta! però, a trovare soluzioni innovative o ad intraprendere decisamente la strada del cambiamento e del progresso, trovando al suo interno ostacoli e difficoltà derivanti soprattutto dalle forti resistenze di alcune strutture parassitarie e dalla scarsa propensione al rinnovamento dei metodi e degli strumenti fondamentali che lo connotano.

Altro fattore da considerare è la commercializzazione dei prodotti ittici che continua ad essere dimensionata su parametri ormai superati, con scarsissima propensione agli investimenti per la valorizzazione e la diversificazione della produzione, caratterizzata da obsolescenza delle strutture mercatali, limitata dimensione territoriale dei mercati, controllo parassitario dei processi che scaricano la gran parte dei costi sui produttori incapaci di trovare risposte unitarie e sistemiche a tali problematiche.

Certamente ci sono ancora margini e possibilità di intervento ma si fanno sempre più ristretti perche il tempo non lavora a favore del settore soprattutto quando permangono fattori di divisione, individualismi, resistenze al cambiamento, miopie politiche, incapacità di misurarsi con la sfida delle nuove tecnologie.

È questo l'aspetto sul quale intendiamo approfondire la nostra riflessione, per proporre alcune chiavi di lettura e ribadire proposte per facilitare l'avvio di un processo di ammodernamento della commercializzazione dei prodotti ittici.

Le marinerie degli altri paesi comunitari, specie del Nord Europa, da tempo hanno intrapreso la strada di un deciso ammodernamento delle strutture mercatali e dei processi di vendita, utilizzando le nuove tecnologie e la rete Internet per automatizzare le aste, allargare enormemente le possibilità di collocamento redditizio dei prodotti, offrire servizi che aumentano il valore aggiunto delle operazioni di mercato, le possibilità e le fonti di reddito.

Questa è la strada da intraprendere se non si vuole restare al palo, avvitandosi in sterili lamentazioni sulle difficoltà e i problemi, pur reali, che limitano il reddito d'impresa, senza introdurre modifiche strutturali sia nella produzione che nella commercializzazione.

Occorre ampliare in modo significativo le zone di incontro tra domanda ed offerta, valorizzare la specificità e la ricchezza organolettica dei prodotti dei nostri mari, occorre organizzarsi in sistema, creare poli e nodi commerciali, indurre virtuosi elementi di discontinuità nella organizzazione di filiera, vincere le resistenze dei ceti parassitari, riequilibrare l'incidenza della produzione rispetto alla commercializzazione nei processi di creazione del reddito.

I prodotti dell'Adriatico così pregiati ed apprezzati dai consumatori, pur non rappresentando dimensioni massive, possono offrire opportunità di reddito consistenti proprio per le loro proprietà organolettiche, la loro varietà, il loro gusto, riuscendo a vincere la concorrenza dell'importazione, dell'allevamento, della surgelazione.

Molte marinerie dell'Adriatico stanno intraprendendo questo percorso, molti mercati stanno rinnovando ed innovando le loro strutture ed i loro sistemi di vendita; c'è un forte bisogno di sinergie, di sistema, di logiche organizzative nuove, di semplificazione dei processi di vendita, di snellimento dell'intermediazione.

Le possibilità offerte dalla tecnologia informatica devono essere messe al servizio della pesca; la tradizione è bella ed affascinante ma in dimensione culturale; non è produttiva quando si aprono nuove frontiere ai mercati, si offrono nuove sfide da vincere.

Rimanere fuori da questi processi, rifiutare il confronto con questa realtà, vincolarsi a vecchie strutture e sistemi di vendita può servire a perpetrare occasioni di reddito di pochi a danno dei produttori e dei consumatori.

Tutti, ovviamente devono fare la loro parte: i produttori devono sempre più assumere dimensioni organizzate per la gestione responsabile della pesca, qualificare sempre più la loro produzione attraverso la rintracciabilità e l'etichettatura a garanzia dei consumatori, assumere i connotati di impresa moderna ed efficiente; i gestori dei mercati devono entrare in logiche di sistema, superando localismi ed obsolescenze culturali, devono ammodernare decisamente i processi di vendita, aprire nuovi orizzonti, offrire servizi aggiuntivi efficienti e a basso costo, investire per la valorizzazione dei prodotti, vincere resistenze al cambiamento tanto forti da condizionare la loro stessa esistenza; i commercianti devono imparare che l'attenzione alla qualità ed ai bisogni di consumatori sono i parametri sui quali impostare le loro politiche di vendita, perche la logica dello sfruttamento selvaggio non paga più, offrendo redditi non duraturi e stabili ma esposti ai rischi della stagionalità o ad opportunità momentanee, destinati ad esaurirsi con il crescere della concorrenza e della consapevolezza dei consumatori.

Invocare una nicchia protetta in cui collocare il proprio prodotto non è più sufficiente a garantire continuità e stabilità dei fattori di reddito; serve il coraggio e la vocazione culturale e professionale per affrontare la sfida del cambiamento. La new economy offre grandi opportunità di crescita ma anche grandi rischi se non la si affronta con dimensioni e strutture produttive e commerciali nuove. Il rischio è quello della marginalità, dell'arrettratezza strutturale e produttiva, della scomparsa dalla scena dei nuovi mercati.

Chi ha capito tutto ciò, da tempo si sta organizzando; non bisogna perdere questo treno che rischia di essere l'ultimo. Se si vogliono governare e non subire i processi di cambiamento, occorre affrontare e non evitare le sfide, invocando alibi e giustificazioni pur valide ma che non fanno crescere il settore e non garantiscono il futuro della nostra pesca.


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